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CHIENTI (fiume)

CHIENTI (fiume)
Autore
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Giovanni Battista Mariani

Chienti

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Chienti
SerrapetronaCaccamoChientiRiver4.jpg
Il Chienti presso Serrapetrona
StatoItalia Italia
RegioniMarche Marche
Lunghezza91 km
Portata media7,6 m³/s[1]
Bacino idrografico1 298 km²
Altitudine sorgente860 m s.l.m.
NasceSerravalle di Chienti, nelle Marche
SfociaMare Adriatico

Il Chienti (Flusor e Cluentus in latino) è tra i maggiori fiumi delle Marche, una piccola parte del suo bacino idrografico si trova anche in Umbria, negli Altopiani di Colfiorito (comune di Foligno). È lungo 91 km e possiede il 2º bacino imbrifero della regione per estensione, dopo quello del Metauro.

Corso del fiume


Nasce dal versante adriatico della dorsale Appenninica, nell'Appennino Umbro-Marchigiano. Il ramo principale, detto Chienti di Gelagna, nasce tra i monti "Macchie" e "Civitella" a 860 m s.l.m., dopo aver attraversato il Piano Plestino, entra nella Botte dei Varano da cui fuoriesce, dopo un percorso sotterraneo di circa 300 metri, nella "Gola di Serravalle"; a La Maddalena, frazione del comune di Muccia, riceve le acque dell'altro ramo, il "Chienti di Pieve Torina" (che nasce dal monte Fema nel comune di Pieve Torina); prima del lago di Polverina riceve le acque copiose del torrente Fornace. Da questo momento in poi il fiume subisce continue captazioni da parte dell'Enel modificandone la portata. Sotto Camerino riceve il torrente San Luca, a Valcimarra poco prima del lago di Caccamo o di Borgiano o di Pieve Favera, l'Enel ridà al fiume le acque captate dai laghi di Fiastra (fiume Fiastrone) e Polverina (fiume Chienti). A Belforte del Chienti il fiume riceve le acque del fiume Fiastrone (dopo il Lago di Fiastra il fiume Fiastrone rinasce da nuove vene e piccoli affluenti) e da lì prosegue dirigendosi ad oriente verso il Mare Adriatico, dove sfocia tra le città di Civitanova Marche e Porto Sant'Elpidio, dove segna il confine tra le province di Macerata e Fermo. Tra i principali affluenti sono da segnalare anche alcuni torrenti: il Fiastra (presso Corridonia) che nasce con il nome di Fiastrella nel Monte di Montioli (San Ginesio), Trodica che scende da Macerata, il Cremone e l'Ete Morto (confluenza visibile presso l'area di servizio Chienti Est dell'autostrada A14 presso Civitanova Marche). La costruzione e la presenza degli invasi artificiali, per la produzione di energia elettrica, hanno modificato in modo abbastanza vistoso sia il corso del fiume, che l'assetto del bacino idrografico.

Nome dell'invasoCentrale alimentataCapacità (m³)Anno di entrata
Lago di FiastraValcimarra21 000 0001955
Lago di Polverina8 000 0001967
Lago di Caccamo (o di Borgiano)Belforte I4 600 0001954
Lago di Santa MariaBelforte II600 0001955
Lago le GrazieRibutino1 500 0001963

Regime idrologico

Il Chienti è un corso d'acqua dal regime tipicamente appenninico, con forti piene nella stagione autunnale (anche di 1.500 m³/s) e notevoli magre in estate. Da sottolineare la forte influenza esercitata dai bacini artificiali sul regime del fiume, che mostra a volte anomale variazioni di portata e una certa copiosità "artificiale" delle portate estive in alcuni tratti. La portata media annua, pur regolata, ha risentito negli anni di pesanti cali: a Tolentino ad esempio è di appena 7,6 m³/s, ma allo stato naturale dovrebbe essere assai maggiore, pur se più irregolare.

Arte

San Claudio al Chienti

I luoghi di interesse che incontra, oltre ai centri storici di CamerinoTolentinoCorridonia e Macerata, sono anche le chiese in stile romanico di San Claudio al ChientiSantissima Annunziata o Santa Maria a Pie' di Chienti, l'abbazia di Santa Croce al Chienti, i castelli di Varano, di Beldiletto, di Caldarola e della Rancia, luogo quest'ultimo che vide la storica sconfitta il 2 maggio 1815 di Gioacchino Murat e del suo sogno di indipendenza italica.

Valle

La Valle del Chienti, che attraversa vari comuni della provincia di Macerata e nel suo tratto terminale segna il confine con la provincia di Fermo, si dispone parallelamente alle altre valli delle Marche contribuendo a dare alla regione un aspetto orografico simile ad un pettine.

Comuni attraversati

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 A pochi giorni dal provvedimento approvato dal Consiglio dei Ministri, che sancisce il divieto di produzione, commercializzazione, importazione del cibo sintetico, la Casciotta d'Urbino DOP, dal Vinitaly di Verona, con l’incontro dal titolo ‘La Bellezza è nel Gusto’, nello spazio di Food Brand Marche, mira a ribadire l’importanza del cibo tradizionale, capace di rispettare la natura degli alimenti e di chi ne fa uso.L’obiettivo è anche quello di sottolineare la rilevanza degli allevamenti per l’economia del territorio e per la tutela delle tradizioni e della biodiversità, come dell’intera filiera alimentare delle Marche, con il suo patrimonio di tradizioni e saperi locali quali garanzia dell’assoluta bontà e genuinità dei prodotti nonché per la tutela della salute dei cittadini.“Una Casciotta d'Urbino Dop - secondo Paolo Cesaretti, Coordinatore del Consorzio Tutela - è molto più di un semplice alimento. Può suscitare emozioni come scoperta, brivido, stupore, sogno, prodigio, affinità e adorazione, ma anche, sebbene raramente, delusione e disappunto. Se non avesse tutte queste sfumature, non sarebbe altro che un comune cibo”.“Il cibo sintetico - dichiara l’on. Mirco Carloni, Presidente della XIII Commissione Agricoltura alla Camera dei Deputati - oltre al fatto che non può essere paragonato ai nostri prodotti della tradizione, è una grande menzogna. Per produrlo in laboratorio si devono uccidere comunque degli animali. E non è nemmeno più sostenibile. Il governo ha fatto bene a imporre il divieto - con il provvedimento approvato in Consiglio dei ministri - di vendere, importare, produrre e distribuire questo alimento. È necessario tutelare la nostra dieta mediterranea difendendola da queste nuove invenzioni che tendono a ingannare il consumatore”.Tommaso Di Sante, Presidente Coldiretti Pesaro e Urbino, difende il cibo vero da agricoltura vera: “Il cibo è un bene prezioso e di tutti ed è legato alla storia e alla cultura di un paese. Sicuri che danneggerebbe l’economia e l’immagine del made in Italy nel mondo, con il rischio di monopolio da parte di alcune grandi industrie del settore, il cibo sintetico metterebbe a rischio anche la salute dell’uomo, dato che non conosciamo con certezza gli effetti a lungo termine. La dieta mediterranea italiana rappresenta un patrimonio da valorizzare in quanto modello salutare per eccellenza e di rigoroso rispetto del territorio e della biodiversità”.Francesco Torriani, Presidente Consorzio Marche Biologiche: “Bene prendere posizione contro la produzione delle carni sintetiche, contraria a un modello produttivo che è molto lontano dalla nostra cultura e da un modello produttivo legato alla filiera agricola, ma attenzione a non usare strumentalmente il tema della produzione delle carni sintetiche per non affrontare il vero argomento che invece, come sistema agroalimentare italiano, ci coinvolge direttamente e verso il quale abbiamo le nostre responsabilità ovvero quali politiche di sviluppo prevediamo per la nostra zootecnia e per i nostri allevamenti, in un contesto dove diventano sempre più evidenti gli effetti negativi della crisi climatica e ambientale e dove le sensibilità culturali ed etiche dei consumatori ci chiedono sempre più sostenibilità ambientale e benessere animale? E’ evidente allora che la questione delle carni sintetiche deve diventare l’occasione non solo per dire no ad un modello produttivo totalmente avulso dall’agricoltura, ma anche per promuovere e qualificare ulteriormente il nostro modello produttivo zootecnico e renderlo sempre più sostenibile e in linea con le esigenze dei consumatori”.Anastasia Ciotti del Consorzio Tutela Oliva Ascolana del Piceno Dop: “L’Oliva Ascolana del Piceno Dop non ha nulla a che vedere con il cibo sintetico. E’ un prodotto principe di un piatto della tradizione antica ascolana, che contraddistingue la nostra città e mai potrà essere modificata introducendo nella ricetta fake - food”.Nata dal latte (ovino 70-80% e vaccino 30-20%) di animali liberi, sani e felici, lavorata ad arte da maestri casari, veri custodi delle nostre tipicità gastronomiche e dell'ambiente, la Casciotta d’Urbino Dop, regina della tavola sin dal ‘500, è un’eccellenza agroalimentare italiana e marchigiana, simbolo della provincia di Pesaro e Urbino, il primo formaggio ad aver conquistato la Denominazione di Origine Protetta. Protagonista di una storia d’amore secolare con il suo ambasciatore più illustre, Michelangelo Buonarroti, spicca per la sua “strana” lettera S. Una storpiatura che, si dice, sia dovuta a un errore di trascrizione di un impiegato ministeriale e che la differenzia dai formaggi che, come lei, derivano il loro termine identificativo dall'antico "cascio", variante linguistica territoriale del più diffuso "cacio".La Casciotta d’Urbino Dop divenne una specialità distintiva marchigiana con il Signore del Ducato di Urbino, Federico da Montefeltro, che decise di proteggere il suo territorio dalle scorrerie dei pastori transumanti agevolando l’uso dei pascoli per gli allevatori locali. La produzione di piccole forme rotonde, morbide e dal sapore delicato si affinò fino ad arrivare agli anni ’60 del secolo scorso quando le “vergare”, donne di casa del pesarese dedite all’allevamento del bestiame, composero la ricetta. Per tutelarne l’eccellenza, al Disciplinare si affianca il Consorzio di Tutela Casciotta d’Urbino Dop che si occupa anche della sua promozione e valorizzazione.Anche il gusto è altrettanto inconfondibile: dolce e delicata, ha il sapore del burro e del latte fresco col quale viene prodotta. Friabile e molle, all’olfatto è fragrante e aromatica. Una vera perla, versatile e perfetta per impreziosire le ricette …e le colazioni più diverse!"Preparare un piatto - conclude Paolo Cesaretti - richiede creatività, altruismo. Coinvolge i cinque sensi: gusto, olfatto, udito, vista e tatto, che si combinano sapientemente e si amalgamano insieme. È compito di Otello Renzi, animo magnanimo, generoso e piacevolmente epicureo, trasformare ciò in arte. Creare questo piatto di spaghetti biologici, Casciotta d'Urbino e olive Ascolana del Piceno facendone un incantesimo, abbinandolo al vino Bianchello”.L'evento, moderato dalla giornalista Veronique Angeletti, è a cura del Consorzio Tutela Casciotta d’Urbino Dop, che, sin dalla sua nascita, ha avuto il merito di aver recuperato e diffuso su ampia scala la preparazione della Casciotta d’Urbino e la sua tradizione storica.
Il carnevale di Offida
Il carnevale di Offida
Il carnevale di Offida (in dialetto offidano "Lu bov fint" e "Li Vlurd") è lo storico carnevale che si svolge nell'omonima cittadina marchigiana in provincia di Ascoli Piceno.La concezione del Carnevale è profondamente radicata nella popolazione offidana, tanto che le feste carnevalesche tendono ad avere un carattere di ritualità, che permea l'intera città.Anche se si respira un'immancabile aria di modernismo specie nella musica e nei balli, la memoria storica del Carnevale, in quelle sue tradizioni particolari, rimane e cerca di perpetuarsi nelle nuove generazioni.Il Carnevale offidano si svolge ogni anno secondo un rituale fissato dalla tradizione: inizia ufficialmente il 17 gennaio, giorno di Sant'Antonio Abate, e termina il giorno delle Ceneri.Il giorno della "Domenica degli Amici", che precede di due settimane il carnevale, la fanfara della "Congrega del Ciorpento" esce rumorosa dal portone del cinquecentesco palazzo Mercolini per annunciare che si è entrati in pieno clima carnevalesco.Le Congreghe, che hanno lo scopo di aggregare, tra loro, in genere parenti e amici, desiderose di partecipare alla baldoria carnevalesca, iniziano il giro del paese a ritmo di musica sempre più incalzante in prossimità del clou della festa.Esse hanno un ruolo fondamentale nello svolgimento dell'evento, la mattina del Giovedì Grasso ricevono in consegna, dal Sindaco, le chiavi della città e, da quel momento, il paese è simbolicamente nelle loro mani, così che tra allegria ed euforia le congreghe si impossessano della città.Piazza del Popolo, nel bove finto 2016Seguono i "veglionissimi" del sabato, domenica e lunedì presso Il Teatro Serpente Aureo, la mascherata dei bambini del giovedì grasso, la caccia a "Lu Bov Fint" (il bove finto) del venerdì, la festa in piazza che dura tutto il pomeriggio del martedì grasso che si conclude con la fantasmagorica sfilata dei "Vlurd".Persone dei paesi vicini e turisti, per l'occasione, giungono ad Offida, non per assistere da spettatori a sfilate di grandiosi carri allegorici, ma per essere coinvolti in un'autentica festa di popolo dove, quasi attori di rappresentazioni il cui valore simbolico cede più a quello reale delle forze vitali e istintive.L'ultimo giorno (martedì grasso) di Carnevale tutti in Offida si mascherano, alcuni sbucando da ogni parte con indosso il tipico "guazzarò" (saio di tela bianca con fazzoletto rosso al collo), altri mascherati con costumi più diffusi ma col viso tinto di vari colori, per inondare la piazza e scorrazzare per le strade tra urla, danze, scherzi di ogni sorta e lanci di coriandoli.Centinaia di uomini e donne mascherati, con lunghi fasci di canne accesi sulle spalle, in fila indiana, tra urla e danze selvagge, percorrono il Corso che sembra uno strisciante serpente fiammeggiante, quindi inondano la piazza principale al cui centro dispongono i "bagordi" ancora in fiamme; le maschere come impazzite corrono a cerchio intorno al falò mentre urla e canti si fondono tra vortici di fumo e miriadi di scintille di fuoco brillanti nell'aria. Quando il fuoco pagano che incendia la piazza con il rito bacchico dei "Vlurd" si spegne, torna sovrano il silenzio, foriero di pace quaresimale.