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CHIENTI (fiume)

ChientiJump to navigationJump to searchChientiIl Chienti presso SerrapetronaStato ItaliaRegioni MarcheLunghezza91 kmPortata media7,6 m³/s[1]Bacino idrografico1 298 km²Altitudine sorgente860 m s.l.m.NasceSerravalle di Chienti, nelle MarcheSfociaMare AdriaticoIl Chienti (Flusor e Cluentus in latino) è tra i maggiori fiumi delle Marche, una piccola parte del suo bacino idrografico si trova anche in Umbria, negli Altopiani di Colfiorito (comune di Foligno). È lungo 91 km e possiede il 2º bacino imbrifero della regione per estensione, dopo quello del Metauro.Corso del fiumeNasce dal versante adriatico della dorsale Appenninica, nell'Appennino Umbro-Marchigiano. Il ramo principale, detto Chienti di Gelagna, nasce tra i monti "Macchie" e "Civitella" a 860 m s.l.m., dopo aver attraversato il Piano Plestino, entra nella Botte dei Varano da cui fuoriesce, dopo un percorso sotterraneo di circa 300 metri, nella "Gola di Serravalle"; a La Maddalena, frazione del comune di Muccia, riceve le acque dell'altro ramo, il "Chienti di Pieve Torina" (che nasce dal monte Fema nel comune di Pieve Torina); prima del lago di Polverina riceve le acque copiose del torrente Fornace. Da questo momento in poi il fiume subisce continue captazioni da parte dell'Enel modificandone la portata. Sotto Camerino riceve il torrente San Luca, a Valcimarra poco prima del lago di Caccamo o di Borgiano o di Pieve Favera, l'Enel ridà al fiume le acque captate dai laghi di Fiastra (fiume Fiastrone) e Polverina (fiume Chienti). A Belforte del Chienti il fiume riceve le acque del fiume Fiastrone (dopo il Lago di Fiastra il fiume Fiastrone rinasce da nuove vene e piccoli affluenti) e da lì prosegue dirigendosi ad oriente verso il Mare Adriatico, dove sfocia tra le città di Civitanova Marche e Porto Sant'Elpidio, dove segna il confine tra le province di Macerata e Fermo. Tra i principali affluenti sono da segnalare anche alcuni torrenti: il Fiastra (presso Corridonia) che nasce con il nome di Fiastrella nel Monte di Montioli (San Ginesio), Trodica che scende da Macerata, il Cremone e l'Ete Morto (confluenza visibile presso l'area di servizio Chienti Est dell'autostrada A14 presso Civitanova Marche). La costruzione e la presenza degli invasi artificiali, per la produzione di energia elettrica, hanno modificato in modo abbastanza vistoso sia il corso del fiume, che l'assetto del bacino idrografico.Nome dell'invasoCentrale alimentataCapacità (m³)Anno di entrataLago di FiastraValcimarra21 000 0001955Lago di Polverina8 000 0001967Lago di Caccamo (o di Borgiano)Belforte I4 600 0001954Lago di Santa MariaBelforte II600 0001955Lago le GrazieRibutino1 500 0001963Regime idrologicoIl Chienti è un corso d'acqua dal regime tipicamente appenninico, con forti piene nella stagione autunnale (anche di 1.500 m³/s) e notevoli magre in estate. Da sottolineare la forte influenza esercitata dai bacini artificiali sul regime del fiume, che mostra a volte anomale variazioni di portata e una certa copiosità "artificiale" delle portate estive in alcuni tratti. La portata media annua, pur regolata, ha risentito negli anni di pesanti cali: a Tolentino ad esempio è di appena 7,6 m³/s, ma allo stato naturale dovrebbe essere assai maggiore, pur se più irregolare.ArteSan Claudio al ChientiI luoghi di interesse che incontra, oltre ai centri storici di Camerino, Tolentino, Corridonia e Macerata, sono anche le chiese in stile romanico di San Claudio al Chienti, Santissima Annunziata o Santa Maria a Pie' di Chienti, l'abbazia di Santa Croce al Chienti, i castelli di Varano, di Beldiletto, di Caldarola e della Rancia, luogo quest'ultimo che vide la storica sconfitta il 2 maggio 1815 di Gioacchino Murat e del suo sogno di indipendenza italica.ValleLa Valle del Chienti, che attraversa vari comuni della provincia di Macerata e nel suo tratto terminale segna il confine con la provincia di Fermo, si dispone parallelamente alle altre valli delle Marche contribuendo a dare alla regione un aspetto orografico simile ad un pettine.Comuni attraversatiProvincia di Macerata: Serravalle di Chienti, Pieve Torina, Muccia, Camerino, Pievebovigliana, Fiastra, Caldarola, Serrapetrona, Belforte del Chienti, Tolentino, Pollenza, Macerata, Corridonia, Morrovalle, Monte San Giusto, Montecosaro e Civitanova MarcheProvincia di Fermo: Montegranaro, Sant'Elpidio a Mare e Porto Sant'Elpidio.

24 Nov 2021 Ambiente

CHIENTI (fiume)
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MONTE VETTORE – 2.476 MT

Il Monte Vettore (dal latino Victor, vincitore) è il rilievo montuoso più alto dei Sibillini, con i suoi 2.476 metri di altitudine. Durante il Pleistocene superiore (da 125.000 a 10.000 anni fa) il ghiacciaio ha trascinato in avanti detriti morenici che hanno generato uno sbarramento naturale creando un circo glaciale che oggi ospita il Lago di Pilato.È situato nell’appennino umbro-marchigiano al confine tra Umbria e Marche. La sua vetta, che si trova nel territorio della regione Marche, è la più alta di un arco montuoso che ha una caratteristica forma ad “U” e che comprende, seguendo l’arco da ovest a est, Quarto San Lorenzo, Cima del Redentore (2448 m), Cima del Lago, il Vettore stesso, Monte Vettoretto (2032 m) e Monte Torrone (2102 m).Sulla pendice nord del monte Vettore, nella conca naturale abbracciata dall’arco montuoso, a 1.941 metri di quota si trova il Lago di Pilato. Sebbene le sue dimensioni non superino i 500 metri di diametro, il Lago di Pilato è di grande interesse tra i naturalisti e i biologi. Ospita tuttora un endemismo peculiare, una specie autoctona di gambero: il Chirocefalo del Marchesoni. Questo gamberetto, dal colore rossastro, raggiunge una lunghezza di 9-12 mm e si muove nuotando all’indietro con il ventre rivolto verso l’alto. Fu scoperto dal Prof. Marchesoni durante il corso di studi e ricerche.La facciata esterna dell’arco montuoso invece domina il Pian Grande di Castelluccio di Norcia, una vallata ricca di coltivazioni di lenticchia, legume caratteristico del luogo.Dalla vetta del monte si può ammirare in giornate limpide il Gran Sasso a sud-est e il Terminillo a sud-ovest, il litorale marchigiano e l’Adriatico ad est.Sulle pendici sud del monte si trova, a quota 2.238 m s.l.m., il rifugio Tito Zilioli gestito dal C.A.I.Il Monte Vettore presenta una fascia trasversale di ghiaia che è detta la strada delle fate. La leggenda popolare narra che una volta, le fate, si siano fermate più a lungo a danzare con i giovani di Pretare e che per non essere sorprese all’alba, fuggirono con tanta precipitazione da lasciare le loro impronte sulla montagna, creando così la loro strada. Il racconto è noto sia agli studiosi delle tradizioni popolari che ai valligiani.A Pretare, paese che appartiene al comune di Arquata del Tronto, posto alle falde del Monte Vettore, nel giorno della ricorrenza san Rocco si fa rivivere quest’antica ed originale leggenda. Un gruppo di giovani donne, vestite da fate, raggiunge lentamente il centro del paese da una strada di campagna, e arrivate alla piazza danno inizio alle danze.Dalla mitologia apprendiamo che i monti Sibillini furono considerati luoghi abitati da divinità buone e cattive. La presenza di caverne e antri misteriosi erano considerati accesso al regno dell’oltretomba, come quello di cui ci parla Virgilio nel sesto canto dell’Eneide.Il Monte Sibilla, vicino al monte Vettore, fu sede di culto pagano ed orgiastico di Cibele, la grande Madre degli dei; culto che si diffuse all’epoca di Claudio. Con l’avvento del Cristianesimo al posto di Cibele subentrò il culto della Sibilla che una tradizione ancora in uso nel XIV secolo identifica come la Sibilla Cumana.Studi più recenti la classificano come Sibilla Appenninica, non citata nell’elenco delle undici dello scrittore reatino Marco Terenzio Varrone. Passando attraverso una lenta e progressiva trasformazione della figura della Sibilla si arrivò alla fata Alcina ed alla sua corte.La leggenda originaria fu rielaborata anche nel XIX secolo da Richard Wagner nel suo Tannhäuser.

24 Nov 2021 Ambiente

MONTE VETTORE – 2.476 MT
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IL PASSETTO DI ANCONA

Il Passetto è la più nota spiaggia rocciosa di Ancona ed anche il rione che da essa prende nome.Il rione del Passetto è nato negli anni sessanta del Novecento, per distacco dal rione Adriatico, in seguito allo sviluppo edilizio intorno al Monumento ai caduti. Verso est è bagnato dal mare ed occupa le pendici di Monte Pelago e di Monte Santa Margherita.Caratteristica principale del rione è quella di essere affacciato su un tratto di costa alta; dai principali luoghi pubblici e da gran parte delle abitazioni private si può godere di un'ampia vista sul mare e sulle rupi.Il rione ha il suo centro in piazza IV Novembre, la piazza che ospita il Monumento ai Caduti, intorno alla quale sono raggruppati gli edifici più antichi, costruiti a cavallo fra gli anni del fascismo e quelli del secondo dopoguerra. Le vie principali partono da questa piazza: il tratto finale di via Panoramica, via Podgora (dalla quale si distacca via Tagliamento), via Santa Margherita, via Thaon De Revel.In piazza IV Novembre conduce il viale della Vittoria, il cui tratto finale è compreso all'interno del rione e ne accoglie la zona commerciale. Il Viale è un lungo percorso alberato, abituale passeggiata di molti anconetani.Il monumento principale è quello ai caduti della Prima guerra mondiale, costruito in bianca pietra d'Istria e circondato dalla panoramica Pineta del Passetto. Essa è il principale luogo di incontro estivo, molto frequentato e non solo dagli abitanti del rione. Dal monumento una grande scalinata conduce al mare. Entrambi sono opera dell'architetto anconetano Guido Cirilli. Alla spiaggia si può scendere anche con un ascensore panoramico, dal quale si ha una bella vista sul mare, sul promontorio del monte Conero e su parte della sua riviera. Questo promontorio è meta di numerosi gruppi di escursionisti a piedi e, in alcune aree, in bicicletta o a cavallo.Il rione è collegato con il centro cittadino da una filovia (linea 1/4) e da tre linee di autobus (circolare destra, circolare sinistra, linea 91), tutte facenti capo a piazza IV Novembre, in cui transita inoltre la linea 92 che conduce a Pietralacroce[1].La parrocchia cattolica ha sede nella chiesa moderna di Santa Maria dei Servi[2].L'ufficio postale di riferimento è sito in via Maratta, nel Rione Adriatico. Il CAP è 60124.Le scuole di riferimento sono: la materna "Anna Freud" (in via Pola), le elementari "Conero" (in via Tagliamento) e le medie "Conero" (in via del Conero). La materna "Casa dei Bambini" e le elementari "Montessori" sorgono ai confini del rione, in via Podgora, ed essendo le uniche in città a seguire il metodo Montessori, hanno un bacino d'utenza che esula dai confini rionali.La villa, con il suo parco, sorse intorno dopo il 1886. Nel corso degli anni fu residenza privata di varie famiglie. Nel 1957 diventò sede del convento dei Frati Minori[6][7], che si dedicavano alla cura della vegetazione. Nel periodo in cui la villa fu sede del convento, durato sino al 1973, il parco fu aperto al pubblico e chiamato comunemente "Giardino dei Frati". Dopo il terremoto del 1972, il giardino ospitò le tende dei cittadini che non potevano ancora rientrare nelle loro case[8].Dalla seconda metà degli anni settanta del Novecento attraversò un lungo periodo di abbandono e di chiusura; nonostante ciò, il giardino era frequentato dai ragazzini della zona, che vi andavano a giocare[7].Infine, divenne la sede centrale dell'Istituto nazionale ricovero e cura anziani (INRCA)[7].Dopo l'ultimo cambio di proprietà, il giardino ha perso molte caratteristiche originarie: sono stati eliminati i vasi di agrumi; il viale di tigli è stato sottoposto a potature malfatte che hanno portato alla morte di molti esemplari; i perimetri delle aiuole, prima in roccia di gesso cristallina, come tradizione della città, sono stati sostituiti con cordoli di pietra bianca, la vasca è ormai priva di pesci e delle ninfee che la caratterizzavano, le fontane sono inattive e in estremo degrado, così come il berceau. I lampioni in ghisa, che originariamente davano luce ai sentieri per mezzo del gas illuminante, già da tempo inattivi, sono stati rimossi.Note positive sono invece il restauro delle costruzioni situate all'interno del parco, il restauro conservativo dell'antico muro di cinta (nel 2014[9]) e l'arrivo di una colonia di scoiattoli neri meridionali che si è installata nella fitta vegetazione[7].Il giardinoIl giardino della villa è un notevole esempio di parco romantico mediterraneo, con inserzioni di giardino all'italiana davanti alla facciata principale. Molti alberi hanno dimensioni monumentali: palme della Calfornia, tigli, ippocastani, tassi, cedri del Libano, magnolie, roverelle, lecci, pini domestici, un ginkgo e un singolare viale di tigli potati a candelabro. La parte alta del giardino è occupata da un boschetto di allori, con sottobosco di edera[7].Come è tipico in giardini di questo tipo, tra la vegetazione sorgono vari elementi architettonici, tra i quali un'aranciera e un belvedere immerso nelle chiome degli alberi

16 Nov 2021 Ambiente

IL PASSETTO DI ANCONA
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LE GROTTE DI FRASASSI

Le grotte di Frasassi sono delle grotte carsiche sotterranee che si trovano nel territorio del comune di Genga, in provincia di Ancona. L'insieme delle grotte ricade all'interno del Parco naturale regionale della Gola della Rossa e di Frasassi.Il complesso è formato da una enorme serie di ambienti sotterranei di cui il primo, visitabile con facilità dal pubblico è l'Abisso Ancona, una enorme cavità che ha un'estensione di 180 x 120 m e un'altezza di 200 m; è talmente ampia (oltre due milioni di m³ di volume) che al suo interno potrebbe essere contenuto senza problemi il Duomo di Milano.Dal 1972 è sotto la tutela del Consorzio Frasassi, costituito dal comune di Genga e dalla provincia di Ancona, con l'obiettivo di salvaguardarne e valorizzarne la fruibilità scientifica e turistica.[1][2]Dal 1º settembre 1974 parte delle grotte è aperta al pubblico, divenendo nel tempo una delle maggiori attrazioni turistiche delle Marche; si è stimato che da allora vi siano state oltre 12 milioni di visite complessiveLa scoperta delle Grotte di Frasassi (Grotta Grande del Vento) risale al 25 settembre 1971 per opera di Rolando Silvestri del Gruppo Speleologico Marchigiano CAI di Ancona, che ne individuò l'entrata durante la spedizione guidata da Giancarlo Cappanera. Da allora questa cavità è entrata a far parte del Complesso carsico Grotta del Fiume-Grotta Grande del Vento di Frasassi che è stato esplorato per uno sviluppo complessivo di oltre 30 km.La prima grande scoperta speleologica nell'area di Frasassi, quella della Grotta del Fiume, era avvenuta il 28 giugno 1948, per opera del dottor Mario Marchetti, cofondatore del Gruppo Speleologico Marchigiano di Ancona.Negli anni 1950 e 1960, i gruppi del CAI (Club Alpino Italiano) di Jesi e Fabriano esplorarono le cavità della zona, tra cui, nel 1966, una diramazione lunga più di 1 km che parte dalla Grotta del Fiume.Nel luglio 1971 un gruppo di sette esploratori jesini venne attirato da una forte corrente d'aria che fuoriusciva da una piccola apertura. Dopo aver ampliato la dimensione del passaggio (chiamato in seguito Strettoia del Tarlo) per renderlo praticabile, gli esploratori si inoltrarono in una fitta rete di gallerie, cunicoli, pozzi e grotte per una lunghezza di circa 5 km.

16 Nov 2021 Ambiente

LE GROTTE DI FRASASSI
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LA GOLA DEL FURLO

La gola o passo del Furlo è una gola situata tra il monte Pietralata (889 m) e il monte Paganuccio (976 m), creata dalla forza erosiva del fiume Candigliano, affluente del Metauro. Nei millenni ha raggiunto una notevole profondità, che tuttavia attualmente non è più visibile a causa della diga, costruita nel 1922, che ha ridotto l'impetuoso corso d'acqua a un placido lago. Si trova in provincia di Pesaro-Urbino nel territorio dei comuni di Fermignano[1], Fossombrone, Cagli e Acqualagna[2]. La gola è percorsa dal tracciato originario della via Flaminia.Geologicamente la vallata del Furlo ha grande interesse. Qui affiorano le rocce calcaree di origine marina della successione meso-cenozoica umbro-marchigiana: Calcare Massiccio, Corniola, Rosso Ammonitico, Calcari del Bugarone (Giurassico); Maiolica, Marne a Fucoidi e Scaglie, Bianca e Rossa (Cretaceo). Nella parte alta della Scaglia Bianca è riconoscibile il livello Bonarelli, nero, bituminoso, che segna il limite tra Cenomaniano e Turoniano e rappresenta un orizzonte guida per tutta l'area umbro-marchigiana[3].Molte di queste formazioni hanno fornito fossili a cavatori del luogo e collezionisti. Ad es. nella "Corniola" micritica e spatica sono stati trovati negli anni 2000-2007 vari campioni di ammoniti molto interessanti appartenenti a generi e specie nuovi per la Scienza (Furlites, Pelingoceras, Claviceras, Paramorphites e altri) provenienti da una vallata vicino alla cava grande (Grilli). [4] [5]Con Decreto del Ministero dell'Ambiente del 6 febbraio 2001 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 giugno 2001, Serie Generale n.134, è stata istituita la Riserva naturale statale Gola del Furlo.Di qui passò l'imperatore romano Onorio nel 404, dopo la vittoria sui Visigoti di Alarico, per recarsi al trionfo di Roma. Vitige nel 538, in piena guerra gotica, fortificò il passo, fece chiudere i due accessi alla galleria e vi pose un presidio di 400 Ostrogoti, che furono poi vinti dai soldati di Belisario facendo precipitare dall'alto grossi macigni. In seguito occupato da Totila, fu potentemente fortificato, ma nel 553 lo conquistò Narsete. Tra il 570 e 578, il passo venne preso dai Longobardi che ne distrussero le fortificazioni.Nei secoli seguenti pare che la via Flaminia fosse stata quasi abbandonata: vi passarono nel 1502 Lucrezia Borgia recandosi a Ferrara e nel 1506, con difficoltà, Giulio II che andava all'impresa di Bologna. Ancora nel principio del ‘700 il transito era difficile e pericoloso, e solo nel 1776 il passo e la strada vennero riattati. Tra il 23 maggio e il 12 giugno 1849 i soldati della Repubblica Romana, comandati dal colonnello L. Pianciani, opposero resistenza all'esercito austriaco.Durante la seconda guerra mondiale, il Furlo visse momenti di tensione, ma non fu teatro di feroci scontri. Gli anni settanta furono invece anni devastanti, soprattutto per il paesaggio, rovinato dall'attività delle cave di pietra.Negli anni trenta la Guardia Forestale locale, con un'opera di scavi e costruzione di muretti, riprodusse sulle pendici del monte Pietralata, a ridosso della gola, il profilo di Benito Mussolini, che attraversava spesso la gola nei suoi spostamenti tra Roma e il nord Italia, alloggiando in uno storico hotel del posto[6]. Il monumento, che fu minato e distrutto dai partigiani durante la guerra, è soltanto parzialmente riconoscibile.

16 Nov 2021 Ambiente

LA GOLA DEL FURLO
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